Grande successo dei Formaggi Del Barba della Cascina Valeggia a Casale Monferrato.
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dal Cucchiaio d’Argento, articolo di Tommaso Farina
Che choc, la Toma del Barba. Una scossa piacevole e indimenticabile, niente di traumatico o respingente. La vita del goloso, del resto, ogni tanto è caratterizzata da emozioni intense, dirompenti come la conversione di Sant’Agostino.
Alan Bollito, da Moncalvo (Asti), ha trentun anni, ma la faccia ne dice almeno dieci di meno. E’ lui a regalarci questa emozione. Sposato con Carla, studi enologici e agronomici compiuti tra Torino e Ginevra, Alan nasce in seno a una famiglia originaria di Cisterna d’Asti, e spostatasi a Moncalvo nei primi del Novecento. E la capitale astigiana del bue grasso è il posto giusto per persone che di cognome fanno Bollito.
I Bollito fin dall’inizio si sono dedicati alla viticoltura. Tuttora la loro azienda, che si chiama Cascina Valeggia, ha nel vino la fonte di sostentamento privilegiata: prodotto principe, la Barbera d’Asti, l’umanissimo vino monferrino che con le carni e, appunto, i bolliti, ci fa le nozze d’oro.
Pochi anni fa, l’idea luminosa: visto che alleviamo capre e mucche, perché non provare a fare dei formaggi? Alan ci ha provato, si è tirato su le maniche e oggi, con vigore, sforna formaggi di primo premio.
Come minimizzare, altrimenti, il loro erborinato di capra assolutamente naturale? Lo chiamano anche Bleu ‘d Moncalv, ed è unico. Pasta cremosa senza gessosità, profumo ricco, gusto morbido e sapido a un tempo. Memorabile. Ma ancor meglio è la Toma del Barba: a coagulazione totalmente presamica, è un formaggio che Alan ha dedicato a suo padre, uomo simpatico e, per l’appunto, dalla lunga barba. Un campione stagionato è olfattivamente esplosivo nella sua intensità, e gustativamente si porge con sensualità molle e avvolgente, tendente al piccante. Diremmo quasi che non è roba da signorine, senonché tante e tante donne invece adorano (a ragione) chicche del genere. La produzione prevede anche caprini più freschi, e una particolare crema di formaggio di capra, adatta per tartine e aperitivi. Inoltre, è rimarchevole lo yogurt, ottenuto senza alchimie né trucchi.
Una nota finale: la scoperta di questo gioiello è avvenuta grazie all’associazione Moncalvo in Tavola. Si tratta di un piccolo consorzio costituito da alcuni produttori di cose buone della cittadina aleramica: per sostenere le eccellenze agricole del luogo, hanno deciso di fare squadra, come si usa dire, e di valorizzarsi a vicenda anziché farsi la guerra. Questo significa far crescere un territorio. Bravi.